Relazione sulla giornata di studi del 5 novembre 2016, Omaggio a Giannino Castiglioni,
nata dalla collaborazione dell’Associazione Culturale Omnibus con la Fondazione Enea Mattei.
Si è svolta e conclusa con la soddisfazione di tutti, organizzatori, relatori e pubblico, la giornata di studi dedicata alla vita e all’opera di Giannino Castiglioni (Milano 1884 - Lierna 1971) prolifico scultore, pittore e incisore del Novecento italiano. Dopo un saluto di Gabriella Rovagnati, presidente dell’Associazione culturale Omnibus e di Ettore Leali, in rappresentanza della Fondazione Enea Mattei, il cui Presidente non è potuto presenziare, è stato dato il via ai lavori veri e propri.
Gabriella Rovagnati, che ha moderato gli interventi dell’intera manifestazione, ha introdotto il primo relatore, Eugenio Guglielmi, architetto e docente di Storia dell’arte all’Università di Firenze, curatore della monografia riccamente illustrata e pubblicata da Skira nel 2016, Gianni Castiglioni. L’arte del fare, che ha avuto il merito di riportare alla ribalta la figura di Giannino Castiglioni, la cui opera era stata ingiustamente trascurata dopo il grande successo da lui riscosso, soprattutto fra le due guerre.
Guglielmi, ha illustrato il lungo percorso creativo di Castiglioni, che ebbe inizio, dopo il diploma conseguito all’Accademia di Brera, nell’ambito della medaglistica, arte di cui si trova ancora traccia evidente anche nei monumenti scultorei degli anni venti e trenta. Guglielmi ha presentato Castiglioni come un artista "a tutto tondo", capace di proporre nelle sue opere – come già suggeriva il titolo della sua relazione Il Novecento e l’integrazione tra le arti – un felice intreccio plastico fra arti diverse, dall’incisione, alla scultura e all’architettura. Seguendo il percorso evolutivo dell’artista, inizialmente debitore al liberty e man mano sempre più volto a un classicismo di stampo neorinascimentale, Guglielmi ha illustrato le difficoltà che il gruppo di studiosi e famigliari che ha collaborato alla stesura del volume Giannino Castiglioni. L’arte del fare ha incontrato nel raccogliere i materiali più disparati e prima mai catalogati. Il risultato, illustrato nel volume, è un mosaico multiforme cui di certo manca ancora qualche tessera, perché l’inventario della produzione di questo infaticabile artista non può ancora dirsi completo per varie ragioni, non ultima l’erronea (o surrettizia) attribuzione di qualche opera ad altri. A tutt’oggi si annoverano ben 71 monumenti funerari di Castiglioni solo al Cimitero Monumentale di Milano, senza contare le miglia di medaglie, la collaborazione a grandi o piccoli sacrari e, non da ultimo, i numerosi quadri. Al gruppo di lavoro che ha redatto la monografia va il merito di avere riportato l’attenzione, anche della critica specialistica, su un personaggio di cui anche il successo dei tre figli nell’ambito del design ha paradossalmente contribuito a mettere in ombra.
Più personale l’intervento di Giannino Castiglioni jr. che parlando su Mio nonno: ricordi e memorie, ha presentato il suo progenitore in tutta la sua umanità. Infaticabile – "il nonno lavorava sempre", ha ripetuto più volte – e generoso, Giannino Castiglioni condusse una vita frenetica, trovando però sempre il tempo per giocare con i nipotini e per circondarsi di amici con cui condividere momenti di convivialità. L’edonismo e la dimensione ludica caratterizzavano anche il suo modo di lavorare che trasmise ai successori, facendo loro capire con la sua concretezza e con la sua acuta osservazione della realtà da cui traeva ispirazione, che il lavoro deve essere anche divertimento e piacere. Nella sua relazione Giannino jr. ha ricordato la severità della nonna monzese che teneva salde in mano le redini dell’andamento della famiglia, la cuoca di casa che faticava a tenere a bada l’appetito del nonno fino al momento di sedersi a tavola, l’eterno camice bianco che questi indossava e che lo faceva scambiare per il barbiere a Lierna, da cui a giorni alterni andava a farsi radere. A Lierna, dove trascorse molti anni della propria vita, il nonno morì ed è lì sepolto.
Giannino jr. ha a sua volta menzionato la difficoltà di riordinare la messe di documenti e testimonianze dell’operosità straordinaria del nonno, ringraziando quanti hanno collaborato ad archiviarlo e commuovendosi alla fine nella rievocazione di una persona alla quale è stato profondamente affezionato.
Dopo la pausa per il caffè, che ha contribuito a rendere l’atmosfera fra relatori e pubblico ancora più cordiale, ha preso la parola Piero Castiglioni con un intervento dal titolo I Castiglioni: tra arte e artigianato. Figlio, come Giannino jr. di Livio, il primogenito dei figli di Giannino Castiglioni, pur essendo, oltre che professore al Politecnico, uno tra i più famosi progettisti a livello mondiale Pagina 2 di 2
nel campo dell’illuminazione di musei, teatri e gallerie – fra cui il Centro Georges Pompidou (Parigi, 1985); Palazzo Grassi (Venezia, 1986); il Museo d’Orsay (Parigi, 1986); il Palazzo Italia all’Expo Internazionale '92 (Siviglia, 1992); il Groninger Museum (Groningen, 1994); la Pinacoteca di Stato (San Paolo, 1998); il Museo Poldi Pezzoli (Milano, 2000); il Museo di arte latino americana (Buenos Aires, 2001); il Teatro degli Arcimboldi (Milano, 2002); la Galleria Colonna (Roma, 2003) – Piero Castiglioni si è presentato con una modestia encomiabile, rinunciando del tutto a parlare di sé e dei suoi progetti, ma inserendo il lavoro del nonno nella dialettica fra committente, artefice dell’opera e maestranze, e sottolineando che suo nonno, a suo giudizio, come scultore fu più artigiano che artista, perché lavorava sempre "su commissione" e quindi era tenuto a prendere in considerazione desideri e proposte di chi gli affidava e finanziava un determinato lavoro. Dava invece sfogo alla sua libera creatività nella pittura e non vendeva mai i suoi quadri. Anzi una volta, cedendo alle insistenze di una signora milanese, le aveva regalato un quadro, dipinto in gioventù, che rappresentava sua moglie con un figlio al seno; poi, molti anni dopo, lo aveva ricomperato dalla stessa signora, per regalarlo alla moglie in occasione di un anniversario. Piero Castiglioni ha poi illustrato la capacità del nonno nell’interagire con le maestranze, diverse e diversamente competenti a seconda dei luoghi in cui si era trovato ad operare.
È stata poi la volta dell’architetto Massimo Dell’Oro che nel suo intervento, Giannino Castiglioni tra scultura e architettura, ha illustrato la compresenza di queste due arti sull’esempio di due monumenti ai caduti di Castiglioni, quello di Mandello del Lario e quello di Lecco, del cui restauro, di cui si sta occupando, ha scritto anche nel volume monografico di Skira. Dopo aver dimostrato, avvalendosi di una serie di immagini, l’intenzione insieme etica ed estetica dei progetti di Castiglioni, sempre attento a dare alle proprie opere non solo stabilità con una esatta valutazione del terreno, ma anche ad inserirle in un contesto che conferisse loro bellezza e valenza simbolica. Dell’Oro ha lamentato il frequente prevalere di interessi speculativi sul rispetto sia del paesaggio sia della costruzioni in esso presenti. L’edificio alto e anonimo costruito fra il Monumento ai caduti di Lecco e la montagna ha p. es. cancellato del tutto le intenzioni etico-estetiche di Castiglioni, che alla vista di simile obbrobrio leverebbe di certo un’alta protesta.
A supplire l’assenza di Sara Scaranna è stata Gabriella Rovagnati che ha presentato una relazione sul tema previsto dal programma: La tomba di Antonia Pozzi a Pasturo. Dopo aver illustrato la breve vita della poetessa, nata a Milano nel 1912 quale figlia della borghesia milanese colta e benestante eppure morta suicida a soli 26 anni, Rovagnati ha tracciato alcuni paralleli fra i versi malinconici della Pozzi, sempre privi di orpelli sdolcinatezze, e il Cristo in bronzo commissionato dal padre della giovane donna a Giannino Castiglioni per la tomba della figlia. Come le poesie della Pozzi, anche questa statua sa trascendere il dato reale per dilatarsi a un sovrannaturale, da non intendersi necessariamente in senso teologico.
Serata : (ore 21,00)
Dopo cena i lavori sono ripresi con la relazione conclusiva di Renzo Fallati, incentrata su La Cappella Mattei nel cimitero di Morbegno. Fallati ha tracciato un profilo biografico e lavorativo dell’ing. Mattei, benefattore della città di Morbegno, sottolineandone le capacità imprenditoriali e mettendo in rilievo il ruolo importante che, al suo fianco, ebbe la moglie Sandra Bruni, matematica, che col marito condivise non solo l’attitudine industriale, ma anche la convinzione che fosse necessario sostenere i giovani dotati di talento e ambizione per garantire al paese un futuro migliore. Sandra Bruni fondò a questo Scopo a Pavia un collegio per studentesse universitarie provenienti da tutto il mondo. L’ing. Mattei lasciò il suo intero patrimonio alla città di Morbegno, istituendo due Fondazioni destinate a favorire, con formule diverse, la gioventù meritevole del luogo in cui era nato nel 1887, esattamente due anni dopo che il primo treno aveva fatto il ingresso nella nostra stazione.
Fu l’ing. Mattei a commissionare a Giannino Castiglioni il complesso statuario della cappella del cimitero di Morbegno – dove ora riposa egli stesso coi i genitori e i nonni materni – per rendere onore ai suoi due fratelli Aneroesto e Umberto, caduti nel corso della Prima Guerra Mondiale. Fallati ha illustrato l’algida bellezza del sarcofago e del cenotafio dei due militari e degli angeli della vittoria che li soccorrono, nonché la ieratica maestosità della vestale che, al centro sul fondo, tiene viva la fiamma della vita.
Entrambe le fondazioni nate dalla generosità dell’ing. Mattei erano rappresentate: la Fondazione Mattei, coorganizzatrice dell’Omaggio a Giannino Castiglioni, dal già citato consigliere Ettore Leali; la Promor, da Alberto Gerosa, che ha illustrato brevemente ai presenti le finalità della fondazione che attualmente presiede.
La manifestazione, che ha avuto la collaborazione dell’Ordine degli Architetti di Sondrio che ha concesso agli iscritti 6 CFP e il patrocino dell’Ordine degli Architetti di Lecco, dell’Ordine degli Ingegneri di Sondrio, nonché dalla Fondazione Giannino Castiglioni, si è conclusa con un brindisi all’ "arte del fare" qualsia sia la forma in cui si esterna. Anche tutte queste istituzioni hanno espresso il loro compiacimento agli organizzatori dell’evento, seguito per l’intera durata di lavori da un pubblico numeroso e attento.
Gabriella Rovagnati